martedì 27 novembre 2018

LA PIADINA ROMAGNOLA



E' una bella vittoria, per la Romagna e per la piadina, perché ora c'è una sentenza dell'Unione Europea la quale  dice ( senza timore di venire smentita), che la vera piadina IGP è solo ed esclusivamente romagnola. Chiunque avanzi pretese in questo senso, specie i vicini di casa dell'Emilia, dovranno attenersi alle decisioni adottate : per il tribunale UE non ci sono dubbi in proposito, chi le aveva avanzate, un'azienda lontana dalla nostra terra e che aveva presentato ricorso, se l'è visto respingere con buona pace di tutti i cultori della vera piadina romagnola.



INGREDIENTI per circa 8 piade
500g di farina 00
100g di strutto morbidissimo
acqua quanto basta a seconda dell'assorbenza dei tipi di farine
14 g di sale
un cucchiaino di bicarbonato

PREPARAZIONE 
Formare la fontana sulla spianatoia, inserire lo strutto morbido ed il bicarbonato , iniziare ad impastare delicatamente aggiungendo l'acqua. Verso la fine, aggiungere il sale alla farina rimasta e impastare sino a formare un panetto liscio della consistenza tipo pasta della pizza. Lasciare riposare 20 minuti circa. Formare delle palline da circa 100 g l'una e stenderle dando una forma circolare. Intanto, avrete messo a scaldare la piastra sul gas, quando questa sarà al punto giusto di calore, posate la piada e cuocete da una parte e poi dall'altra. Mettete di volta in volta le piade ad asciugare su una griglia, in modo che il vapore non le bagni. Condite con formaggi e salumi .. o servite da sole al posto del pane.
Si conservano per 4/5 gg in frigo in una bustina di cellophane.
Fin dagli antichi Romani ci sono tracce di questa forma di pane. La prima testimonianza scritta della piadina risale all'anno 1371. Nella Descriptio Romandiolae, il cardinal legato Anglico de Grimoard, ne fissa per la prima volta la ricetta: "Si fa con farina di grano intrisa d'acqua e condita con sale. Si può impastare anche con il latte e condire con un po' di strutto". I prodromi dell'odierna piada possono essere individuati anche in una focaccia a base di farina di ghianda e altre farine povere in uso in tempi antichi nel territorio del Montefeltro.

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